SIGNIFICATO
INTERPRETAZIONE #1
L’intera canzone è una metafora di come la società consumistica e in mano a poteri economici abbia ucciso la parte eroica e buona dell’uomo, quella che ci dava ancora speranza. Il significato della canzone dunque è il fatto che il consumismo di questa nostra società sta uccidendo i veri valori come la Giustizia e il Bene. L’uomo ragno rappresenta i valori positivi (i sogni, il Bene, la fantasia), la pubblicità e le industrie il materialismo per cui gli eroi non sono più quelli che seguono il bene, ma i divi del cinema e degli spot.
“forse quelli della mala forse la pubblicità” indica che la pubblicità, l’economia, sono potenti e condizionano la società quanto la malavita.
“avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè” ha un significato simile: girano soldi e potere anche per le innocue industrie di caffè.
Abitualmente il nome del personaggio Uomo Ragno, di fatto richiamato più nella forma che nella sostanza dal testo della canzone contenuta nell’album, è scritto con le iniziali maiuscole, ma sulla copertina dell’album risulta scritto con le iniziali minuscole. Max Pezzali stesso, interrogato su questo personaggio, ha dichiarato:
« L’Uomo Ragno rappresentava la purezza adolescenziale ammazzata dal mondo degli adulti. Forse non è morto. Mi piace pensare che sia ancora da qualche parte a coltivare il sogno, la chimera… »
INTERPRETAZIONE #2
Vi è stato chi ha individuato nell’Uomo ragno della canzone Giovanni Falcone, il magistrato ucciso dalla Mafia nella primavera del 1992 (nell’estate del grande successo, moriva anche Paolo Borsellino). Altri hanno visto immortalato in quel testo, l’illusione che la classe politica che si sgretolava sotto le inchieste di Tangentopoli, rispondesse – nel suo pluridecennale dominio – a valori democratici più che ad interessi affaristici in cartello tra di loro.
Non si deve però credere che si tratti di una canzone di denuncia sociale, quanto piuttosto di una ammissione di sconfitta dei vecchi canoni di interpretazione del mondo: sia le ideologie classiche di sinistra che quelle di destra sono inadatte a spiegare la complessità e la violenza della realtà di questi anni, per cui l’effetto di straniamento denunciato nel testo è riconducibile proprio a questo. Un tempo sarebbe stato facile spiegare secondo i criteri dell’egemonia culturale – studiati ed enunciati da Antonio Gramsci – i fatti della realtà: ora invece lo sforzo di comprensione, più che difficile, sembra vano. C’è sempre un fatto che non si iscrive nella logica con cui le ideologie ottocentesche cercano di interpretare i fatti della storia: la paura vince su tutto (Ma nelle strade/c’e’ panico ormai/nessuno esce di casa/ nessuno vuole guai) e la vittima non è soltanto la verità ufficiale (ma dagli appelli/alla calma in TV/adesso chi ci crede più?!?), ma la stessa possibilità di trovare una risposta e di darsi una spiegazione.
La frase chiave, quindi è “non si sa neanche il perché“, oltre al finto distacco disincantato con cui si adduce la possibilità per cui “avrà fatto qualche sgarro” (riduzionismo personalistico della pretesa missione salvifica del difensore dell’interesse pubblico). Un distacco che non regge alla chiusa del testo: “Le facce di Vogue/sono miti per noi/attori troppo belli/sono gli unici eroi/invece lui sì, lui era una star/ma tanto non ritornerà“. Non la spiegazione razionale, quindi, ci rivaluta il ruolo del difensore pubblico, di chi agisce degli altri: è proprio la competizione con i falsi miti della modernità che lo vede vincitore, probabilmente proprio per il modo inarrivabilmente drammatico della sua caduta.
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